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mercoledì 4 agosto 2010

Vita oltre morte

Riprendo questo pensiero stilato su facebok come commento ad un post che tentava di discutere sulla tendenza che hanno molti atei, o che si reputano tali, di non credere in Dio, e alle profonde e innumerevoli teorie che attorno ad Esso girano. Concetti come il Paradiso, L'inferno, e la vita oltre morte, destino, fede, Dio stesso, vengono sistematicamente negati a tal punto che agli occhi di chi crede il "non credente" (che non fa altro che rinunciare ad un particolare tipo di conformismo) sembra quasi peccare di "trascendenza".

Posto quel pensiero personale sul blog per non perdere la memoria. Su facebook questo può avvenire facilmente vista l'impossibilità di recuperare pensieri più vecchi di qualche settimana.

"Iniziare da un punto fermo è difficile proprio per la particolarità del discorso che pecca di punti fermi, chiari e sicuri su dove potersi tenere saldamente.
La mia "transcendenza" parte proprio da questo presupposto.
Io tendo a trascendere, regolarmente, perchè credo che trascendenza sia elevarsi al di fuori di se, come se la parola stessa intendesse essere sinonimo di "ricerca" al di fuori di sè. Qualunque sia il fuori, qualunque sia il sè che cerca, qualunque sia il soggetto o il luogo (:D) in questo caso, della ricerca.
Ecco perchè sono sicuro di non essere mai stato e di non essere ancora adesso reticente nei confronti della trascendenza, nonostante rifiuti categoricamente i presupposti di qualsiasi religione relativa che tenta di offrire all'essere umano una via per "trascendere meglio" e nel modo prospettivamente più felice possibile.
E' proprio la "relatività" dei concetti, delle religioni, dei pensieri, delle... persone che ha portato a dubitare e far sorgere in me quel dubbio, che è principio del pensiero stesso che, nelle persone più curiose, porta poi alla trascendenza e a chiedersi "chi sono" e "dove vado quando muoio".

In questo caso mi soffermo sul "dove vado quando muoio".
E ti rispondo con la risposta più banale ma allo stesso tempo più sincera e pensata (dopo anni e anni di ricerca personale, teorica e pratica) che posso darti.

"Non lo so". Semplicemente "Non. Lo. So".

Nessuna arroganza nel decidere dove andrò dopo che mi sarò spento. Nessuna arroganza nello scegliere una teoria a caso. Magari quella che mi fa vivere meglio e che riesce a soffocare meglio "quel senso di ansia e di nullità" che ogni essere umano ha.
Semplicemente "non lo so". Così come non so quale sarà il giorno in cui capiterà il nefasto evento, sempre che sia nefasto, non lo so.
Così come non posso conoscere le modalità della mia morte e se questa eventualmente influenzerà e in che modo il mio trapasso. Se dipenderà da cosa ho mangiato o da come mi sono comportato durante la vita.
Non so se esiste un solo luogo che ci accolga tutti, animali o esseri umani, insetti, piante... o magari DUE luoghi. O magari tre. Uno per le anime animali, uno per le anime vegetali e due o tre luoghi per chi è stato buono o chi non lo è stato. Per chi ha pregato molto e chi non ha creduto in Dio. Anche uno, a caso, perchè magari nel gruppo di Dei, chi lo sa, magari ho beccato quello giusto.

"Non ci ho perso e non ci ho guadagnato nulla", al massimo. Diceva Pascal, no? Ma è proprio questo il concetto sul quale marciano tutte le religioni. Credere comunque, e a qualsiasi cosa mi faccia piu felice delle altre, conviene.
Ma possiamo ridimensionare un argomento così importante e imbrigliarlo in una semplice scommessa? Che cheta l'anima con un semplice "contentino"? Quanto di onesto vi è però in una scommessa? e quanto di egoistico vi è in essa piuttosto?
"Non lo so", paradossalmente, mi da una certezza più grande di una certezza costruita per farmi star bene e sulla quale posso solo teorizzare, confutare, all'infinito.

Lo sapremo dopo morti. O forse no. So, con certezza, che il mio corpo si dissolverà, e che la mia forma fisica scomparirà, ma che ogni singolo atomo di me continuerà ad esistere in questo calderone infinito di domande e risposte che chiamiamo realtà, universo, infinito.
E l'anima? Non so nemmeno se ho davvero un'anima, incosistente, immutabile, multidimensionale, concreta, infinita, e capace di sopravvivere alla dissoluzione del corpo fisico. Non lo so cos'è il mio pensiero, che concretizza l'anima sul piano fisico, e non so nemmeno se continuerò a gioire, parlare e soffrire. Se come anima, dopo morti, o come anima in un nuovo corpo.

Non lo so. Ed è questa la risposta che mi è stata concessa di avere.
Io, con tutta l'onestà che posso mettere, risponderò fino all'ultimo respiro questo.
Grazie Cristianesimo, grazie Buddismo, grazie ebraismo, grazie islamismo, grazie induismo, grazie a tutte le religioni che tentano di dare ognuna, ad ognuno, il "contentino".

Io preferisco il "non lo so"ismo.
E questo mi fa felice tanto quanto. Perche mi concentro sulla vita, sul presente e non su cio che non posso sapere e conoscere. So di essere stato onesto con me stesso e di non essermi affidato nella mia vita al caso, alla fortuna, ad una scommessa.
Quella di riuscire a trovare una risposta che non posso, ancora, conoscere.

1 commento:

ioeme ha detto...

E chissà se qll risposta alla fine dei conti la sappiamo già.. o forse non la sapremo mai nemmeno dopo aver vissuto ed essere spariti.